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Trapianto autologo in pazienti con linfoma e mieloma multiplo: Plerixafor per la mobilizzazione delle cellule staminali


Plerixafor ( Mozobil ) è una molecola indicata per migliorare la mobilizzazione delle cellule staminali per il prelievo e il successivo trapianto autologo in pazienti affetti da linfoma e mieloma multiplo.

Nell’Unione Europea, Plerixafor trova indicazione in associazione al fattore di stimolazione delle colonie granulocitarie ( G-CSF ) per consentire il rilascio delle cellule staminali ematopoietiche. La molecola permette, infatti, il trasferimento di queste cellule dal midollo osseo al circolo ematico ( processo denominato mobilizzazione ), da dove possono essere prelevate. In questo modo, si aumentano le probabilità per i pazienti di poter essere sottoposti con successo al trapianto.

Plerixafor è stata sperimentata in due studi di fase 3 randomizzati, in doppio cieco, con placebo, in pazienti affetti da linfoma non-Hodgkin e mieloma multiplo. Questi pazienti hanno ricevuto Plerixafor in combinazione con G-CSF oppure placebo in combinazione con G-CSF.
Gli studi hanno dimostrato che Plerixafor in combinazione con G-CSF ha determinato un incremento del numero di pazienti che hanno raggiunto sia il livello minimo sia quello target di cellule staminali mobilizzate in un numero inferiore di sessioni di aferesi. Ciò ha consentito ad un numero più elevato di pazienti di poter procedere al trapianto, nonché una più precisa previsione degli esiti e delle tempistiche del processo di aferesi.
I dati di follow-up della durata di un anno hanno inoltre dimostrato che le percentuali di stabilità del trapianto tra il gruppo trattato con Plerixafor in combinazione con G-CSF e il gruppo trattato con placebo in combinazione G-CSF sono analoghe.

Plerixafor ha ricevuto lo status di farmaco orfano nell’Unione Europea e negli Stati Uniti.
In Europa il farmaco è già stato ampiamente utilizzato ( oltre 1.000 pazienti trattati ) attraverso programmi di uso compassionevole su pazienti che non avevano risposto positivamente ai trattamenti standard, non raggiungendo quindi un numero di cellule mobilizzate sufficienti, o che, in base a specifici indicatori, facevano prevedere il fallimento dei trattamenti stessi.

Attualmente, prima che il trapianto possa avvenire, i pazienti ricevono una dose di chemioterapico e/o altri fattori di crescita, come il G-CSF, per favorire il rilascio delle cellule staminali. Una volta avvenuta la mobilizzazione, le cellule possono essere prelevate dal flusso sanguigno in preparazione del trapianto. Affinché il trapianto possa avvenire con successo, devono essere prelevati almeno due milioni di cellule staminali per chilogrammo di peso. Per aumentare le probabilità di buon esito del trapianto, tuttavia, si tende a prelevare un numero di cellule due volte e mezzo superiore. Le cellule prelevate vengono poi nuovamente impiantate nel paziente tramite infusione endovenosa, dopo che questi ha ricevuto un trattamento con chemioterapia ad alto dosaggio ( necessario per eliminare le cellule maligne, ma che provoca anche la morte anche di tutte le cellule ematopoietiche sane del midollo osseo ). Per molti pazienti, il completamento del processo di raccolta delle cellule staminali, denominato aferesi, può richiedere sedute di 3 o 4 ore al giorno per diversi giorni consecutivi. Ciononostante, non sempre il numero di cellule mobilizzate risulta sufficiente, rendendo quindi impossibile sia il trapianto sia il trattamento con chemioterapia ad elevato dosaggio necessario per eradicare le cellule maligne. ( Xagena2009 )

Fonte: Genzyme, 2009


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